Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/388

382 appendice


è a desiderare nel purgatorio. Le fuggitive apparizioni degli angioli sono quasi l’immagine anticipata del paradiso nel luogo della speranza. In essi non è alcuna subbiettivitá: sono forme eteree vestite di luce, fluttuanti come le mistiche visioni dell’estasi, e nondimeno ciascuna con propria apparenza ed attitudine.

                                    E vidi uscir dall’alto, e scender giue
Due angeli con due spade affocate,
Tronche e private delle punte sue.
     Verdi, come fogliette pur mo nate,
Erano in veste, che da verdi penne
Percosse traean dietro e ventilate.
     L’un poco sovra noi a star si venne,
E l’altro scese all’opposita sponda:
Sí che la gente in mezzo si contenne.
     Ben discerneva in lor la testa bionda;
Ma nelle facce l’occhio si smarria,
Come virtú, che a troppo si confonda.

     A noi venia la creatura bella,
Bianco vestita, e nella faccia quale
Par tremolando mattutina stella.
     

In quelle dolci note, in queste immagini celesti l’anima s’infutura, gustando, come dice il poeta, le primizie del piacere eterno. Di che prende qualitá il luogo, rallegrato da luce non propria, ma riflessa dal sole e dalle stelle, che è quanto dire dal paradiso dantesco. Uscendo dal buio infernale, il poeta descrive la prima impressione che gli fa la luce con l’animo rapito di uomo, che, stato lungamente in tenebre, è d’improvviso dilettato dalla faccia del sole.

                                    Dolce color d’orïental zaffiro,
Che s’accoglieva nel sereno aspetto
Dell’aer puro infino al primo giro,
     Agli occhi miei ricominciò diletto.
Tosto ch’io fuori uscii dall’aura morta,
Che m’avea contristato gli occhi e ’l petto.