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drammatico per la ricchezza ed evidenza delle immagini, per la nobiltá del concetto, per la squisita gradazione degli affetti e per la naturalezza e veritá de’ trapassi, possono stare accanto a’ piú belli della Divina Commedia.

Ma il dolore non è il sentimento principale del purgatorio: esso è raddolcito dalla speranza, ed il cuore si acqueta nell’aspetto della virtú a cui sospira. La virtú quindi non vi ha la forma positiva del paradiso, ma risplende solo alla fantasia accesa dal desiderio e dall’amore. Le anime la veggono intagliata nel luogo della loro purgazione, figure mirabili di delicatezza, di affetto, d’evidenza; e, ragionando e cantando di quella, si confortano a bene operare e placano col diletto della immaginazione il tormento del senso.

                                    Poi vidi genti accese in foco d’ira,
Con pietre un giovinetto ancider, forte
Gridando a sé pur: Martira, martira:
     E lui vedea chinarsi, per la morte
Che l’aggravava giá, in vêr la terra;
Ma degli occhi facea sempre al ciel porte,
     Orando all’alto Sire in tanta guerra,
Che perdonasse a’ suoi persecutori.
Con quell’aspetto che pietá disserra.

     E per ventura udii: Dolce Maria,
Dinanzi a noi chiamar, cosí nel pianto,
Come fa donna che in partorir sia;
     E seguitar: Povera fosti tanto,
Quanto veder si può per quell’ospizio,
Ove sponesti ’l tuo portato santo.
     Seguentemente intesi: O buon Fabrizio,
Con povertá volesti anzi virtute,
Che gran ricchezza posseder con vizio.
     

I personaggi tengono molto dell’umano: in loro non è né l’ambascia de’ dannati, né Testasi de’ santi; ma la tranquilla gioia dell’uomo virtuoso, che, vivendo ancora nella miseria terrena, sulle ali della fede e della speranza alza l’animo al para-