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374 appendice


                                    Di picciol bene in pria sente sapore:
Quivi s’inganna; e dietro ad esso corre,
Se guida o fren non torce lo suo amore,

     Poi come ’l fuoco movesi in altura,
Per la sua forma, ch’è nata a salire
Lá dove piú in sua materia dura;
     Cosí l’animo preso entra in disire,
Ch’è moto spiritale e mai non posa,
Fin che la cosa amata il fa gioire.

     Lo Motor primo a lui si volge lieto
Sovra tanta arte di natura, e spira
Spirito nuovo di virtú repleto,
     Che ciò che truova attivo quivi tira
In sua sustanzia; e fassi un’alma sola,
Che vive e sente, e sé in sé rigira.
     E perché meno ammiri la parola,
Guarda ’l calor del Sol che si fa vino.
Giunto all’umor che dalla vite cola.
     

L’anima colpevole non può gustare il cibo celeste,

                               .    .    .    .    .    .    .    .    senza alcuno scotto
Di pentimento, che lacrime spanda.
     

Il purgatorio, luogo dell’espiazione, è perciò figurato dal poeta come una montagna ripida e superba, in sul cominciare faticosa ed aspra; ma quanto l’uomo piú soffre, tanto acquista piú di vigore, finché, emendato affatto, il salire ha l’agevolezza dello scendere e la leggerezza del volo.

                                    .    .    .    .    .    .    Questa montagna è tale.
Che sempre al cominciar di sotto è grave;
E quanto piú va su, e men fa male.
     Però quand’ella ti parrá soave
Tanto, che ’1 suso andar ti sia leggero,
Com’a seconda in giuso andar per nave,
     Allor sarai al fin d’esto sentiero.