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lettore; né egli esprime altrimenti quello che avviene nel suo animo che simbolicamente ed obbiettivamente, come nella selva, nei peccati mortali scolpiti sulla sua fronte, nel riso di Beatrice, ecc. Quindi è che il lavoro moderno ha il titolo personale di Faust, laddove l’altro ha il titolo generale di Divina Commedia e la forma narrativa.

Oltre l’allegoria generale, ciascuna invenzione particolare ha il suo senso riposto: e presso di noi, durato il vezzo delle allegorie sin quasi al termine del secolo decimosesto, non è maraviglia che i cementatori si sieno principalmente studiati d’investigare e dichiarare questa parte della Divina Commedia. A’ nostri giorni il simbolo è ritornato in onore; le forme hanno perduto il loro ingenuo valore e lo scettico poeta lo trasmuta e combina a suo grado, come caratteri e segni del suo pensiero. La critica aveva giá prima preso questo stesso indirizzo e, guidata da un idealismo dissolvente ed impersonale, traducendo in miti e tipi i principali personaggi storici e poetici, essa ha trasmodato per modo che nei pedanti di questo sistema la poesia è ridotta poco meno che a nudo pensiero.

Non è quindi a maravigliare che alcuni critici valorosi abbiano riposta l’essenza della poesia dantesca nel suo significato allegorico, come vediamo aver fatto Schlosser e Rosenkranz. Certo l’allegoria dantesca è parte viva del concetto, non un significato postremo e soprapposto, come nel Boiardo e nel Tasso; ma il viaggio allegorico non è altro che un mezzo, di cui si è giovato il poeta a rendere intelligibile la sua visione, la quale ha il suo valore in sé e per sé. I tre mondi corrispondono per la loro natura alla vita terrena nelle sue varie gradazioni: ma il poeta non li prende punto in un senso simbolico, considerandoli con piena fede quali sono in sé stessi, nel loro valore proprio ed immediato. E quanto alle allegorie particolari, essendo il pensiero non di rado un accessorio, di cui non si scorge nell’immagine alcuna orma distintiva, rimasto nella mente del poeta, è impresa quasi disperata a volere indagare i suoi fini segreti e le allusioni storiche, politiche, morali non penetrate nell’essenza della poesia. E poniamo pure che i critici si accordino in questo; certo ne sarebbe aiutata l’interpretazione del poema, ma ben poco ag-