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l’idea, debba sopprimere il resto; ma che tutto il resto dee essere considerato in relazione all’idea. E non vuol dire che il poeta, cogliendo il contenuto come forma, debba sopprimere il resto, cioè a dire quello che ci è di religioso, di politico, di morale, di reale; ma che tutto questo debba comparire come forma, bello, sublime, orribile, brutto, ecc. Non è una mutilazione, non un’astrazione; quello che fa lo storico, il filosofo, il poeta, è quel medesimo che fa la natura. Il mistero della vita è che il tutto non comparisce mai come tutto, ma come parte, la quale non esclude, ma si assimila il rimanente. Cosi nell’uomo tutto l’essere apparisce ora come riflessione, ora come immaginazione, ora come sentimento, ora come figura, ora come azione; e ciascun momento attrae in sé tutti gli altri, dando ad essi il suo colore. Un uomo vede un fanciullo naufragare e si gitta a soccorrerlo: tutto il suo essere apparisce qui come azione. Ciò che pensa o immagina o sente, rimane inespresso per lui e per gli altri, dico inespresso come pensiero, immagine, sentimento; tutto questo ci sta, ma ci sta come azione, nel gesto, nella figura, nel grido, ne’ suoi diversi movimenti. Poniamo ora che spettatore di questo fatto sia un filosofo, o un moralista, o uno scultore, un poeta, uno storico, un cronista, ecc. È chiaro che il contenuto muterá natura, considerato sotto questo o quel rispetto secondo che sará guardato dall’uno o dall’altro. Il filosofo per esempio salirá subito all’idea, e lo spettacolo diventerá per lui una semplice occasione o un esempio; l’interesse sará tutto nel generale, a cui rimarrá subordinato il rimanente. E che fará il poeta? Dovrá cercare anche lui l’idea, e fare del contenuto una manifestazione di quella? Questo è ridurre la poesia ad una favoletta col suo docet in coda; questo avviene in certi momenti storici, avviene dopo come imitazione, ed in quei poeti ancora, che guardano l’oggetto, preoccupati da fini o da teorie particolari; mai non è avvenuto, mai non avverrá, che un poeta schietto, abbandonato a se stesso, corra all’idea; e tanto meno che rappresenti il fatto in modo che consuoni con una idea non cercata e non saputa da lui, il miracolo che si pretende