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Lezione X (XXXII)

[VARIA FORMA POETICA DEGLI ESEMPI DI PECCATO
NEL PURGATORIO]


Poco innanzi alla porta del purgatorio, la montagna si spiana in una valle amena, dove la carne comparisce l’ultima volta, comparisce per morire. Il peccato nella poesia cristiana non è che il demonio, il tentatore di Èva e di tutti i figliuoli di lei, che in aspetto di serpente, simbolo della scaltrezza, ti presenta il peccato sotto forme amabili, si che ti adeschi al male. Il demonio dunque rimane ancora nell’avantipurgatorio; vi sta non re e tormentatore de’ dannati, come in inferno, ma demonio seduttore, serpente avvolto tra l’erbe ed i fiori, di sotto a’ quali spia il momento a tentar le sue ultime insidie. In effetti, quando le anime dopo faticoso cammino giungono nella valle a vista della porta, ecco sbucar di mezzo a’ fiori il serpente,

                                    Forse qual porse ad Èva il pomo amaro;      

ed ecco dall’altra banda due angioli, verdi in veste ed in penne, colore della speranza, che piombano colle spade infocate e senza punta, e lo cacciano in fuga. Stupenda concezione è questo avantipurgatorio di Dante, quasi transizione dall’inferno al purgatorio; il peccato vi è e non v’è; è ancora nel corpo, non è piú nell’anima: il demonio comparisce per scomparire quasi nel tempo stesso, per far quasi testimonianza ch’egli se ne va dalla scena. Il demonio scompare e non riappare piú mai; la carne muore innanzi alla porta del purgatorio. Io dico «muore»: