Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/231


il canto di ugolino 225


                                         In picciol corso mi pareano stanchi
Lo padre e i figli, [e con le acute scane
Mi parea lor veder fender li fianchi.]
     

Qui Ugolino diviene piú interessante: non è piú solo Ugolino: comincia a comparire il padre: i figliuoli entrano in scena. Sarebbe un lavoro nuovo a fare intorno alla poesia del fanciullo, a cominciare dal bambino di Ettore e a terminare al fanciullo di Götz. Il fanciullo rimane straniero alle nostre infernali passioni, nella sua anima è sempre qualche cosa che ride, una festa interiore che si manifesta nella serenitá e dolcezza de’ suoi lineamenti. La sua presenza rasserena l’umana tragedia, e spiana le

grinze del volto di Götz, quando tornando dalle battaglie fanciulleggia col suo figliuolo, e fa sorridere in mezzo alle sue lacrime Andromaca, «ridea piangendo», come dice Omero, quando vede il suo bambino palleggiato dal padre. Tale è il primo ideale del fanciullo, l’ideale sereno di Omero. Il fanciullo è senza coscienza, senza il formidabile dimani, che noi consuma, ed agitati dalla tempesta della vita a noi piace talora di affisarci in quella pace; ma e se il fanciullo si trova anch’egli in mezzo alla tempesta e non se ne avvede; se il fanciullo innanzi alla madre sua che more, dimanda pane; se il fanciullo, come l’ho veduto io con questi occhi, scherza e folleggia con la coltre della bara, dove tra un minuto dovrá essere posto suo padre? Signori, quel riso celeste ci spaventa allora come il riso stralunato del pazzo; è la compassione fino al sublime dello strazio. Noi allora ci sostituiamo a quel fanciullo; ci poniamo al suo luogo; gl’imprestiamo la nostra coscienza, e pensiamo fremendo a que’ mali che gli stan sopra, de’ quali il suo riso è quasi una inconsapevole ironia: sentimento che si rivela indistinto anche nell’uomo del popolo, quando innanzi ad un fanciullo che ride nella sua miseria, esclama: — Povero fanciullo! — e rimane meditabondo. Questo per lo spettatore indifferente; e se questo spettatore fosse il padre, il padre che sa di dover morire egli ed i figli, ed i suoi figliuoli noi sanno? La passione ha bisogno di sfogarsi, e non potremmo patire il dolore, se la natura non ci sospingesse ad ur-

     i5
De Sanctis, Dante.