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la forma della divina commedia | i5 |
seco tutte le sue passioni di uomo e di cittadino, e fa risuonare di terreni fremiti fino le tranquille volte del cielo: cosí ritorna il dramma, e nell’eterno riapparisce il tempo. Egli è come un ponte gittato tra il presente e l’avvenire: al cospetto di un uomo vivente le anime rinascono per un istante un’altra volta, e risentono antiche passioni e riveggono la patria e gli amici: Farinata dimentica il suo letto di fuoco. Casella scioglie la voce al canto e, dalla terrena melodia rapite, le ombre quasi obbliano di andare a farsi belle; Cacciaguida abita lungo tempo con la fantasia in Firenze e s’intenerisce a’ mali futuri del suo nipote. Cosi in mezzo all’immobilitá dell’avvenire vive e si agita l’Italia, anzi l’Europa del secolo decimoquarto, col suo papa e imperatore, coi suoi re, principi e popoli, co’ suoi costumi, con le sue passioni, con le sue discordie, con tutto quello che è in lei di alto o vile, di tragico o comico.
E il dramma di quel secolo scritto da un poeta, che è egli stesso uno degli attori, con la veemenza della passione e con la dignitá della convinzione: tal che spesso ci sentiamo rapire dal luogo ov’è collocata l’azione, e ci troviamo nel bel mezzo d’Italia, tra le tempeste ed il fremito della pubblica vita. Poesia unica, nella quale due mondi, terra e cielo, tempo ed eternitá, umano e divino, stanno di rincontro.
Questi due mondi si trovano l’uno accanto all’altro inconfusi, o il poeta ha saputo fonderli ed immedesimarli? Noi lo vedremo.