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maestro adamo i87


Dove Sinone appigliandosi alla parola «reo», non sapendo che rispondere intorno al cavallo, se la prende con la pancia prominente di maestro Adamo. In queste due scene ci sono tutti gli elementi del comico buffonesco, rozzo e grossolano: vi è la concezione comica; ma vi è la rappresentazione, cioè a dire la caricatura? Quando Sinone scaglia un pugno sulla pancia di maestro Adamo, il poeta dice:

                                    Quella sonò come fosse un tamburo.      

Qui vi è la caricatura e si ride. Ma quando soggiunge:

                                    E mastro Adamo gli percosse il volto;      
qui si riman freddi perché vi manca l’immagine.

Un altro esempio.

Immaginate due persone che lottano avviticchiate l’una all’altra, e sdrucciolando cascano in un lago di acqua calda: quel bagno caldo fa da paciere e le divide. Per rappresentare ciò comicamente il poeta dee saper cogliere quel movimento quel gesto quella smorfia, che fanno quando si sentono scottare e si sciolgono. Dante dice:

                                    Lo caldo schermidor subito fue.      

Qui il fatto è comico ed espresso anche con vivacitá; ma non vi è un tratto, un movimento che lo innalzi fino alla caricatura ed al riso che ne è l’espressione. Manca spesso a Dante la caricatura, ed i suoi versi piú comici di rado fanno ridere. Perché questo? Perché a voler fare una caricatura bisogna che l’uomo vagheggi il difetto come l’artista la bellezza, che lo vagheggi insino a che di sotto al suo sguardo il difetto si idealizzi e s’innalzi fino a contro-modello; che lo vagheggi con un sentimento che è piú dell’indulgenza, che è quasi una compiacenza. Per far ciò l’uomo dee avere quell’amabile tolleranza, che ci rende cosí caro il Le Sage; non dee aver collera o disdegno. Ora Dante