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i84 secondo corso tenuto a torino: lez. iii


nostra mente è cosí consociata con l’idea del perfetto l’idea del nostro essere finito e manchevole, che noi non sappiamo sdegnarcene o sentirne schifo, salvo che non vi si aggiunga un nuovo elemento, per esempio la malvagitá o il disgustoso. La vista di un difetto, adunque, non risveglia in noi se non l’idea di un contrasto impreveduto tra il modello e la cosa: e ne scoppia d’improvviso una reazione che si esprime col riso. Vi sono molti che credono sia il medesimo «comico» e «ridicolo». Siccome ciò che è bello è piacevole, ma non tutto ciò che è piacevole è bello; cosí il comico è ridicolo, ma non ogni ridicolo è comico. Il ridicolo è fondato sopra cagioni subbiettive ed accidentali — l’educazione, il carattere, le mode, ecc. — e la stessa cosa fa ridere me, che empie altri di sdegno. La plebe ride di difetti naturali che in sé non hanno niente di comico; e sono comici, quando si rivela qualcosa di straordinario nello stesso difetto, o quando nasce dal difetto una conseguenza impreveduta, come se uno scilinguato va per pronunziarti un complimento e ti fa una smorfia, o se uno zoppo va per farti una riverenza e ti fa una capriola. Gli sciocchi ridono de’ gesti animati di un oratore appassionato, perché non comprendono un’acca delle sue parole che danno serietá a quei gesti; or qui il difetto non è nell’oratore, ma in loro: sono essi ridicoli; e se uno scrittore dovesse scegliere un argomento da commedia, non sceglierebbe a subbietto colui del quale si ride, ma coloro che ridono. Il vero comico dee avere qualche cosa di obbiettivo e di permanente nella umana natura e non nascente da cagioni transitorie. Esso è il contrasto permanente tra l’essere e l’apparenza, tra il modello e la cosa. Cosi, comico è colui che suda e si affanna intorno ad uno scopo frivolo, o colui che usa frivoli mezzi intorno ad uno scopo serio, per il contrasto che è tra lo scopo ed i mezzi. Comico è colui che descrive con lo stesso fracasso di frasi una rissa ed una battaglia, come quella tra i topi e le ranocchie di Omero, e gli Dei che intervengono tra loro con lo stesso ardore con cui combattono a prò o contro di Troia. Ora, se il contrasto è nella stessa coscienza dell’uomo difettoso, cioè se egli ha coscienza del suo difetto e cerca nasconderlo; il