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Lezione II (XXIV)

[MALEBOLGE: IL REGNO DEL VIZIO,
DELLA BASSEZZA, DELLA MALIZIA.
IL SUBLIME IN BERTRAM DAL BORNIO]


Il lettore ingenuo, che senza preoccupazione di scuola o di sistema si abbandona alle sue schiette impressioni dopo di aver con crescente interesse contemplato [le] eleganti figure che sonovi andato mostrando da Francesca da Rimini a Capaneo, quando dal cerchio ultimo de’ violenti, pieno ancora il capo di Capaneo e di ser Brunetto Latini, pone il piede in Malebolge, non può difendersi da un senso misto di maraviglia e di scontento. E i piú dei lettori, leggicchiato appena qua e colá, saltano dritto al conte Ugolino per ritrovare le prime impressioni. In effetti qual è lo spettacolo che loro si para dinanzi nel primo ingresso di Malebolge? Hanno lasciato appena le falde dilatate di foco, e la rena infiammantesi come esca sotto focile, e si trovano in una pozzanghera, che fa zuffa con gli occhi e col naso. Hanno lasciato appena i centauri e le arpie; ed hanno avanti demòni cornuti armati di fruste, come le facevano scoppiettare certi antichi pedagoghi per far paura a’ fanciulli; e come i fanciulli, i dannati scappano alle prime percosse senza aspettar le seconde né le terze. In luogo di Capaneo con la fronte levata, il primo in cui ti abbatti, tiene gli occhi bassi, vergognoso della sua colpa; e Dante, reverente o pietoso finora inverso i grandi colpevoli, maligno e sarcastico qui compone per la prima volta il labbro ad un riso sardonico. Egli chiama