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i cavalcanti i67


capo. Quel silenzio significa per Cavalcante: — Mio figlio è morto! — Vi sono momenti ne’ quali una parola è un colpo di pugnale, e nessuno osa profferirla e si tace: quel silenzio è eloquente e contiene tutto un discorso. Quando Achille domandò di Patroclo e vide i messaggi silenziosi, esclamò: — Patroclo è morto! — «Mio figlio è morto!» e innanzi a quel silenzio l’uomo drizzato in piè

                                    Supin ricadde, e più non parve fuora.      

In che è posta la sublimitá del concetto, in che la sublimitá dell’espressione di questo verso? Ci è un dolore eloquente che si distingue in diversi sentimenti, in diversi pensieri, insino a che lo strazio giugne a tale che l’anima si abbandona e ’l corpo cade: questo dolore è bello. E ci ha un altro dolore, quando i diversi sentimenti si aggruppano e si affollano tutto ad un tratto ed in confuso innanzi all’anima; e la soverchiano e producono in un attimo quello che prima avviene dopo diversi istanti: questo dolore è sublime. La sua espressione è la mancanza di espressione: chi può esprimere quello che sente non è addolorato abbastanza. E nondimeno se altri dicesse che agli occhi suoi mancarono le lagrime ed alla sua bocca le parole, queste forme di dire non ci commoverebbero piú. Il tale fa una lettera di congratulazione, o di condoglianza e dice inesprimibile, ineffabile, indicibile il piacere o il dolore che ei sente. Perché tutto ciò è ridicolo? Perché ciò prova solo che egli usa questa frase comoda per non prendersi il fastidio di esprimere quello che ei dice di sentire: frasi di uso cosí insignificanti come l’inchinarsi, e il dimenarsi e lo scappellarsi e tutte le altre cerimonie sociali. L’inesprimibile, se volete renderlo sublime, datemegli una espressione. Volete rendermi sublime la grandezza? Mostratemi una piramide. Volete rendere sublime il dolore? Ricopritemi d’un velo il capo di Agamennone, o fatemi cadere un uomo come corpo morto, e soprattutto rubatemelo alla vista: meno veggo e piú immagino. Quel verso ti pone innanzi l’istantaneo della prostrazione, e dopo, silenzio e tomba.