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vari elementi nel canto iii i3i


in noi mille determinazioni confuse; il sublime consiste meno in quello che è espresso che in quello che è sottinteso. E se cosí non fosse, perché qui tanta solennitá di forma? perché tanta elevatezza e dignitá di stile, una nobiltá che è improntata fin sulle rughe del vecchio Caronte? Perché lo scrittore è giá pieno e caldo del suo subbietto; perché egli vede piú di quello che esprime; perché quando dice «cittá dolente», certo egli non vede ancora tutte le determinazioni che dovrá darle, ma giá in confuso gli fermentano avanti quelle selve, que’ laghi e quelle rovine; perché quando dice «perduta gente», giá gli stanno innanzi i Bertrami, i Brunetti, i Filippi, i Bonifazii, che egli non sa ancora dove collocare e come punire, ma che gli stanno giá a’ piedi, trepidi aspettanti il marchio che loro porrá sulla fronte. E ne volete un’altra prova? Egli descrive il guaire de’ negligenti. A che tanto lusso d’immagini e tanta vivacitá di descrizioni, egli che ne è cosí parco nel ritrarci le grida ben altrimenti feroci, ben altrimenti lamentevoli de’ grandi peccatori? Me ne appello alla vostra impressione: chi di voi in quel primo apparir dell’inferno innanzi alla vostra immaginazione, leggendo: «Diverse lingue, orribili favelle» ha pensato mai a’ negligenti? No, no; non sono i negligenti che gridano in quel momento: è tutto l’inferno che manda il suo primo grido all’orecchio attonito del poeta e nostro. Ed onde tanta formidabile uniformitá in questo canto? Si è ciò detto de’ primi tre versi in cui l’uniformitá è meccanica; l’osservazione si dee allargare: tutto il terzo canto non è che una sola nota musicale, la quale ci giunge all’orecchio diversamente graduata. Perché questa uniformitá? Perché i diversi tratti di sublime non sono che diverse facce d’uno stesso ideale che fluttua dinanzi al poeta, il quale in quel primo separarsi dalla vita e porre il piede nella regione infernale vede nell’inferno il regno della morte, «della morta gente». È l’albero della vita che il poeta ti sfronda a foglia a foglia ad ogni passo che muove innanzi; e ne toglie la speranza:

                                    Lasciate [ogni speranza, voi ch’entrate.]