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Lezione XIX
[FUSIONE DEI VARI ELEMENTI NEL CANTO III]
La natura soprastá immobile ed in differente al vario giuoco delle umane passioni: disaccordo che alcuni poeti sonosi sforzati di vincere chiamandola a parte delle umane miserie, come quando innanzi al convito delle membra tiestèe il poeta grida al sole: — S’arresti e si veli la faccia di lutto — ; disaccordo che altri accettano come espressione d’una disarmonia piú alta, della indifferenza del fato a’ dolori umani:
Roma antica ruina; Tu si placida sei?..... |
Nell’inferno dantesco il disaccordo è cessato: la natura è un teatro, che il poeta ha accomodato alla rappresentazione che vuol darci, fatto a soggiorno ed a pena del peccatore ed immagine ella stessa del peccato. Simile del demonio. Il demonio dantesco non è il rivale di Dio, il principio del male che si pone di rincontro al bene; egli è caduto si basso che a prostrare la sua ira bestiale basta il solo annunzio del volere divino:
Vuolsi cosí colá [dove si puote Ciò che si vuole, e piú non dimandare.] |
Egli non è neppure l’angelo caduto, grande ancora per la memoria della prisca grandezza, maestá nell’orrido, come lo ha concepito il Tasso: