Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/124

ii8 primo corso tenuto a torino: lez xvii


faccia umana: anche Vanni Fucci si dipinge di trista vergogna il volto: il demonio non arrossisce. I sarcasmi sono insulti villani, e le menzogne e le malizie grossolane e sciocche, onde è vinto sempre quando viene a prova con l’uomo. Capolavoro di buffoneria è il canto XXII, in cui Alichino burlato dal Navarrese va a finire le sue braverie nella pece dove rimane invescato.

Queste due serie son poste tra due estremi: Caronte e Lucifero. Caronte è il piú vicino all’uomo; Lucifero ne è il piú lontano. Caronte al primo apparire ha alcun che di venerabile nella figura: è il solo che parla nobilmente, trovando nelle sue parole congiunto ciò che ha di sublime l’inferno, l’eterno, il tenebroso, la disperazione. Nel suo complesso è un carattere umano, uno di quei vecchi di cui non è raro il tipo: brusco, vivace, rozzo, manesco, facile a montare in collera e far gli occhi di fuoco, avvezzo ad essere obbedito per cenni, e rinnegando la pazienza e battendo col remo ovunque trova la minima esitazione. In Lucifero il gigantesco ed il mostruoso si mostra nella sua prima e grezza nuditá. Questo Atlante dell’inferno non è sublime, perché l’autore non vi dá alcun tratto che ce lo mostri nel suo insieme, anzi lo sopraccarica di particolari cosí grotteschi e strani, che costringe la nostra attenzione sulle parti1.

Il demonio è Io spirito nel suo infimo grado: Lucifero è il demonio nel suo infimo grado. La tragedia vi è esterna. La commedia è scesa alla buffoneria. Poesia incompiuta, la quale acquista la sua integritá solo nell’uomo.



  1. In parentesi nel ms. della Bibl. Naz. di Nap., XVI. A. 72 a questo punto si legge: «Descrizione di Lucifero».