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i demòni ii7


                                         .  .  .  .  .  .  .  .  Tuo cuor non sospetti:
[Fin d’or t’assolvo; e tu m’insegna fare
Si come Prenestino in terra getti:
          Lo ciel poss’io serrare e disserrare,
Come tu sai; però son duo le chiavi
Che’l mio antecessor non ebbe care.]
               

Guido cedette: a che? Il poeta ce lo fa presentire mostrandoci con senso profondo la ragione apparente e la vera:

                                         Allor mi pinser gli argomenti gravi
Lá ’ve il tacer mi fu avviso il peggio.
               

Guido cedeva al timore di dispiacere col suo silenzio al papa, e mostrava agli altri ed al papa di cedere per il peso dell’argomento papale; e quando egli muore, il demonio di tentatore divenuto accusatore gli si porge innanzi con quel ghigno, con quello scuoter di capo, con quell’aria d’intelligenza, con che altri smaschera un uomo che s’infinge e gli dice: — Smetti, a che vale? Tu ti sai ed io ti so. — Il profondo di questa ironia è nella comica serietá; accettando seriamente una ragione alla quale non credeva né il papa, né Guido, né egli, ripiglia l’argomento papale e mettendo in caricatura la corteccia scolastica onde si ricopriva il sofisma, ridottolo in forma di sillogismo ne dimostra l’assurdo col principio di contraddizione, mostrandosi forte in logica non meno del papa; onde conchiude con quel sarcasmo pieno di tanta amarezza:

                                                                                           Forse
tu non sapei ch’io loico fossi!
               

Scena unica nella quale Dante si è incontrato nel demonio moderno, poiché si è qui abbattuto nella stessa situazione contendendo il demonio a S. Francesco l’anima di Guido. L’alta commedia non è possibile nell’inferno; ed il demonio ci rappresenta l’infimo grado della commedia, il buffonesco ed il volgare. Le parole sono da trivio e da mercato; gli atti osceni, laidi e dell’ultima sfacciatezza: il pudore, il rossore è proprio della