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v. l’«orlando furioso» 89


Chi guarda il suo ritratto con quel volto sereno e quelle labbra sorridenti, e legge il suo Orlando, gli suppone un carattere leggiero; eppure la sua vita fu tragica. Era malaticcio, sottile, con un affanno di petto che gli rendeva di quando in quando impossibile il lavoro. Il padre morì lasciandolo giovane con quattro fratelli e cinque sorelle da provvedere e la sua vita fu impiegata a provvedere non solo a sé ma a questi; in tale ingrata e prosaica lotta con le necessità della vita concepì l’Orlando. Possedeva un fondo inesausto di buon umore, e quello spirito che distaccandosi dalle cose se ne pone spettatore e sa scherzare non che sulle altrui ma sulle proprie disgrazie. V’è un tratto caratteristico dell’età sua giovanile. Componeva commedie che i suoi condiscepoli mandavano a memoria e rappresentavano: voleva ritrarre un uomo incollerito, e non gli veniva; non sentiva verità e naturalezza in quelle espressioni di sdegno. Tutto occupato della sua commedia incorse in non so che atto di distrazione innanzi al padre: ch’essendo irritabile, inquieto, e’ s’incaloriva tanto più quanto più silenzioso e tranquillo rimaneva il giovinetto; sinché questi lascia il padre, corre al gabinetto, e dà di mano alla penna; aveva studiato il padre. Così anche quando gli avvenimenti avrebbero dovuto toccarlo sapeva rimanere come spettatore.

Le commedie non erano allora alla moda; e giovanetto incominciò un poema; Rinaldo l’Ardito. Fu ammesso alla corte di Ferrara sotto la protezione del cardinale Ippolito d’Este. E tristo pe’ bisognosi d’accettar protezione: e Ippolito d’Este lo faceva sentire, e l’impiegava in tali uffici che l’Ariosto ebbe a dire in una satira: mi credea poeta e mi trovo cavallaro.

Pure affezionatosi a quella famiglia pensò d’immaginare un poema che ne fosse la glorificazione. Boiardo aveva pensato un episodio che si riattaccasse alla casa d’Este, ed avea supposto che Ruggiero, ultimo personaggio dell’Orlando Innamorato, fosse lo stipite della casa d’Este. Ecco perché l’Ariosto pensò di impadronirsi di quest’ultimo episodio e di farne un poema. Studiandolo l’orizzonte gli si allargò dinanzi; il soggetto prese im-