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58 la poesia cavalleresca

antica. Questo contemporaneo del Poliziano non s’illudeva. Era modesto, non vuole aver gente colta per uditori:

     Anzi non son presuntuoso tanto,
Quanto quel folle antico citarista,
A cui tolse già Apollo il vivo ammanto;
Né tanto satir, quant’io paio in vista;
Altri verrà con altro stile o canto,
Con miglior cetra, e più sovrano artista;
     Io mi starò tra faggi e tra bifulci.
Che non disprezzin le muse del Pulci.
Io me n’andrò colla barchetta mia,
Quanto l’acqua comporta un piccol legno;
E ciò ch’io penso colla fantasia.
Di piacere ad ognuno è ’l mio disegno:
Convien che varie cose al mondo sia,
Come son vari volti e vario ingegno,
E piace all’uno il bianco, all’altro il perso,
O diverse materie in prosa o in verso.
     Forse coloro ancor che leggeranno.
Di questa tanto piccola favilla
La mente con poca esca accenderanno
De’ monti o di Parnaso o di Sibilla;
E de’ miei fior come ape piglieranno
I dotti, s’alcun dolce ne distilla:
Il resto a molti pur darà diletto,
E lo autore ancor fia benedetto.

Ha un presentimento d’ingegni maggiori che debbono compiere l’opera sua, di un risorgimento italiano; e depone la penna, compiaciuto di questi nuovi splendori.