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nota 367

Ma la gente che un tempo barattava tutto per la libertá di ridere vuole oggi un’altra libertá e chiede anche un po’ di logica al riso. Oggi il buffone non è piú Arlecchino o Pulcinella, che restan sempre plebe: il buffone è Triboulet o Rigoletto che sono stanchi di ridere e di far ridere, è Ruy-Blas o la plebe che si riabilita e torna ai posto ond’era scaduta. Giá le Maschere in Italia son tutte cadute prima ancora dei suoi sette Stati; ché il rifarsi delle popolazioni le avea rese forme vuote di senso: resta solo Pulcinella sostenuto da tradizioni tuttora viventi. E resterá finché questa plebe non ritrovi la sua coscienza e si appaghi della scorza della vita: sia che foggiata alla Napoleone I imbocchi per le strade la tromba facendo appello alle battaglie di Bacco; sia che unta e bisunta in parvenza di Carnevale faccia della miseria spettacolo, e incoronata d’alloro domandi l’elemosina; sia che nelle feste adori Dio e i Santi sciupando il poco guadagno del suo lavoro, negato ai figli, in bombe onde spesso resta vittima infelice; sia che il suo spirito divaghi frivolo di cosa in cosa, come avviene delle famiglie e dei mobili nell’annua metempsicosi del 4 maggio.

La mancanza del perché — ecco il tarlo: bisognerebbe distribuire a questa plebe un sillabario di punti interrogativi: prime armi le occorrono gessetti e lavagne. Ella si crederá democratica quando arrivi a dar del tu al barone o al principe; ma la sostanza non è qui: parlategli pure di eccellenza e di lustrissimo, purché non abbiate serva o pensionata l’anima. E il caso di Pulcinella; egli non ha compreso l’89, né gli fo torto; ci son tanti anco che non l’hanno compreso!

E qui finisco il raffronto che forestiero, giovine, inesperto, ho potuto schizzare tra Pulcinella e la plebe napoletana che gli ha consacrato la maggior parte dei suoi teatri. Cattivo segno; quando si moltiplicarono gli Olimpi, Giove cadde. E Pulcinella cadrá, che l’alfabeto lo uccide; e man mano che il vulgo si sente popolo, egli scende e scava sempre piú fondo i suoi teatri. Ma cadrá piú glorioso di Giove, abdicando pel nuovo tipo comico nazionale che sorgerá nella commedia italiana.

Come ora i re si sostengono facendosi i primi tra i cittadini, il Papa lasciando il dominio temporale, Pulcinella resterá facendosi di dottore burattino, passando dalla scena alla baracca, dove lo aspettano i suoi antichi consorti (piú affratellati dei politici). Calandrino, Meo Patacca, Stenterello, Gianduia, il dottor Pantalone, Graziano, Arlecchino, e dove potrá consolarsi della sua Colombina che gli sará piú fedele perché mutata di carne in legno.

Perocché oggi il popolo cominciò a dividersi da lui, a non rafifigurarvisi piú; il suo riso è meccanico, è patologico; comincia a sentire che il castigat ridendo mores messo in fronte al San Carlino è un’ironia; che oramai è tempo di sollevarsi dalla maschera alla grande commedia; che il Pulcinella rappresenta la vecchia e piú brutta parte di lui. E lo negherá quando giunga a comprendere che la vita non è suono soltanto, immagine