lungo. E il nostro Arcoleo, quando ebbe finito di leggere, aveva la faccia radiante tra’ «bravo» e i «bene» che gli venivano da molti lati. Comincia la discussione. — Che ve ne pare? chiesi al signor Giliberti: ditemi la vostra impressione. — Questa è abitualmente la mia prima interrogazione. Io sto molto all’impressione. Desidero che il giovane prenda le mosse non da regole astratte, ma da se stesso, da quello che si passa nel suo animo, e si avvezzi cosí a guardarsi in sé, a cogliere i suoi minimi moti interni, a sentirsi ed a sapersi. Questo lo tiene nel vivo e nel concreto, gli sveglia lo spirito critico, gli forma un mondo piú virile, il mondo della riflessione e della coscienza. — Che ve ne pare, signor Giliberti? — E il Giliberti: — La mia impressione è questa, che il lavoro è riuscito a cattivarsi la mia attenzione, si che ho potuto seguirlo senza fatica, anzi in certi punti con vero piacere: pure in conclusione non ho ancora innanzi il carattere del Pulcinella, e mi è parso che il Pulcinella sia qui piuttosto l’occasione che l’argomento — . L’impressione era giusta. E la discussione non fu se non l’analisi e lo sviluppo di questa impressione, che a poco a poco si andò trasformando in un giudizio bello e buono, fondato sui principi eterni dell’arte, che ciascuno, cercando bene, trova in un cantuccio spesso dimenticato della propria anima. Il Pulcinella innanzi al signor Arcoleo si era subito svaporato in una vuota generalitá, come è il caso appunto de’ giovani. Non fu piú un individuo, fu un simbolo, il nome proprio del comico preso nella sua generalitá, un Pulcinella sfumato tra’ vapori del cervello, e, come dice l’autore, guardato col cannocchiale. Accostandosi un po’ piú all’argomento, gli è venuta un’idea giusta. — Pulcinella, ha detto,
non è il prodotto di un individuo, è figlio dell’istinto popolare. — Ma, se prima avea troppo generalizzato, qui ha troppo esagerato. Perché su questa via ciò che è innanzi al suo spirito non è il Pulcinella, ma il popolo, e si avvezza in quello a guardar questo. Anche qui Pulcinella non è un individuo vivo e libero, ma la figura di un altro. Poi, come l’individuo è qui sperduto tra le generalitá e le esagerazioni, non c’è un centro, voglio dire un tipo essenziale, intorno a cui si raggruppi tutto