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DINNANZI AL CADAVERE DI G. B. CALVELLO


Quel cadavere che ci tiene qui mesti e raccolti, ha avuto una vita semplice, senza grandi fatti, senza passioni straordinarie, vita di lavoro e di dovere, con molti e cari e sacri obblighi, e con proventi scarsi, mal proporzionati all’ingegno e agli studii. Vita dura, signori! Pure, quando lo udivi dalla cattedra, quando lo incontravi per via, a veder quegli occhi vivi, quel parlare pronto, quella fisonomia pura, con quel riso ingenuo di fanciullo, ch’era l’effusione d’una vita interiore pacata e contenta, tu dicevi: — Quest’uomo si sente felice! — La sua felicitá era naturale armonia e concordia del pensiero e dell’azione, che lo teneva, ne’ momenti piú difficili, sulla via diritta, con semplicitá, senza vanto; era modestia di vita e di bisogni, che lo rendeva alieno da ogni ambizione, assai contento di adorare le sue divinitá, lo studio e la scuola. Di Calvello non rimarrá traccia, altro che ne’ parenti e tra gli amici; questo mondo, troppo preoccupato e distratto, dimenticherá Calvello. Io raccomando la sua memoria a voi, giovani, co’ quali e pei quali egli è vissuto; a voi, che con tanta frequenza eravate a sentirlo, e lo amavate tanto. Ci era una voce interiore che vi diceva: — Ecco un uomo che fa il suo dovere.