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PAROLE IN MORTE DI FRANCESCO DALL’ONGARO


Lungi da noi il vano pianto. Quando un uomo ha bene adempiuta la sua missione sulla terra, ben venuta sia la morte, prima o poi, poco monta. E quest’uomo nell’ultima ora ha potuto dire: «Muoio contento, perché sono bene vivuto».

Quando nella societá sentimento comune è la paura della morte, c’è un sentimento che vi corrisponde, quasi per consenso involontario, e c’induce a molle compianto intorno al cadavere. Noi rallegriamoci di avere innanzi lo spettacolo d’un uomo che ha potuto dietro di sé lasciare questa parola testamentaria: «Sono bene vivuto».

Bene vivuto! Nella prima etá, con tanto ingegno, con tanto spirito e tanta immaginazione, con una natura cosí amabile, quante forze! se avesse avuto l’animo men buono e meno altero, quante forze per far fortuna., come oggi si dice! — Preferse l’esilio, e sofferse la povertá, ed il compagno inseparabile di quella, il dispregio e la noncuranza; perché la societá è cosí fatta che onora la virtú, stima la povertá e segue la ricchezza.

Povero, è ancora non avere la scelta del lavoro né il tempo di maturarlo. Pure è nei suoi scritti qualche cosa che fissa, l’amore sincero per la patria e l’odio sincero contro i nemici della patria: odio che è virtú; è l’indignazione del patriota e del laico condensata, fissata nell’anima. Aggiungi una forma popolare, direi quasi democratica, nella quale se desideri il rilievo, non manca mai una limpidezza e uno spirito, che rivelano l’amabilitá e la socievolezza della sua natura.