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i64 la poesia cavalleresca

Mentre siete inteneriti, un rève grazioso sparge bellezza sul lamento:

Ché se in sicura parte m’accadeva
Finir della mia vita l’ultima ora.
Lieto e contento e fortunato appieno
Morto sarei, poich’io vi moro in seno.


Virgilio dice: «o terque quaterque beati!». Ariosto dice: «Lieto e contento e fortunato appieno».
     Ma poiché ’l mio destino iniquo e duro
Vuol ch’io vi lasci, e non so in man di cui;
Per questa bocca e per questi occhi giuro.
Per queste chiome onde allacciato fui...


È unita la ricordanza del primo incontro e il dolore di lasciarla. Scoppia la disperazione:
Che disperato nel profondo oscuro
Vo dello ’nferno, ove il pensar di vui.
Ch’abbia cosí lasciata, assai piú ria
Sará d’ogn’altra pena che vi sia.


Vi ricorderete il «ciò mi tormenta piú» ecc.

Isabella capisce la gelosia: e gli s’inchina e lo bacia in bocca; sono «les fiançailles de la mort». È un momento si bello che l’Ariosto si ferma a guardarli, e con la grazia d’un paragone addolcisce lo strazio:

     A questo la mestissima Isabella,
Declinando la faccia lagrimosa,
E congiungendo la sua bocca a quella
Di Zerbin, languidetta come rosa.
Rosa non côlta in sua stagion, si ch’ella
Impallidisca in su la siepe ombrosa,
Disse: — Non vi pensate giá, mia vita,
Far senza me quest’ultima partita.