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i30 | la poesia cavalleresca |
stare una cattiva riputazione. — E comincia a dare esempi:
Non si pietoso Enea, né forte Achille Fu, com’è fama, né si fiero Ettorre; E ne son stati e mille e mille e mille Che lor si puon con veritá anteporre: Ma i donati palazzi e le gran ville Dai discendenti lor, gli ha fatto porre In questi senza fin sublimi onori Dall’onorate man degli scrittori. |
San Giovanni s’indegna, s’infoca, e, meravigliandosene Astolfo, gli dice: — Anch’io fui scrittore, ed ho fatto Cristo, ed in ricompensa sto qui. Ai tempi miei si premiava i poeti col Paradiso; ma adesso sono così poveri! e non ci può esser buon poeta senza buona tavola e buon alloggio — . Notate quanto sia terribile quel «convenne»:
E ben convenne al mio lodato Cristo Rendermi guiderdon di si gran sorte... |
6 — Angelica.
Cerchiamo di raccoglierci e darci conto del cammino percorso nelle nostre lezioni. Cominciammo col determinare il carattere epico del Furioso; n’esaminammo la macchina epica e l’azione epica, ed abbiamo visto che l’autore le considera seriamente, ne sviluppa il meraviglioso e finisce per scioglier con l’ironia la propria creazione. Sulle rovine dell’epico sorge il cavalleresco dissolvente dell’epico e disciolto a sua volta dall’arbitrio individuale e dall’elemento prosaico moderno. Intorno al filo conduttore d’una pretesa azione epica s’ammucchiano mille avventure che formano l’azione cavalleresca. Queste avventure sono per lo più prese dal Boiardo, continuate e finite in parte. Sono prese e trasformate: li ha un valore ed un significato, qui un altro valore ed un altro significato. Le due avven-