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v. l’«orlando furioso» ii7

Mandricardo s’infuria e si conduce da facchino:

Se l’uno e l’altro di voi fosse Marte
(Rispose Mandricardo irato allora).
Non saria l’un né l’altro atto a vietarme
La buona spada o quelle nobili arme — .
     E, tratto da la collera, avventasse
Col pugno chiuso al re di Sericana;
E la man destra in modo gli percosse.
Ch’abbandonar gli fece Durindana.
Gradasso, non credendo ch’egli fosse
Di cosí folle audacia e cosí insana.
Colto improvviso fu, che stava a bada,
E tolta si trovò la buona spada.
     Cosí scornato, di vergogna e d’ira
Nel viso avvampa, e par che getti fuoco;
E piú l’affligge il caso e lo martira,
Poiché gli accadde in si palese loco.
Bramoso di vendetta si ritira,
A trar la scimitarra, a dietro un poco.
Mandricardo in sé tanto si confida,
Che Ruggiero anco alla battaglia sfida.


Mandricardo sfida i due a battaglia, e quelli si disputano per sapere chi debbe essere il primo:

     — Venite pure inanzi amenduo insieme,
E vengane pel terzo Rodomonte,
Africa e Spagna e tutto l’uman seme;
Ch’io son per sempre mai volger la fronte — .
Cosi dicendo, quel che nulla teme.
Mena d’intorno la spada d’Almonte;
Lo scudo imbraccia, disdegnoso e fiero,
Contra Gradasso e contra il buon Ruggiero.
     — Lascia la cura a me (dicea Gradasso)
Ch’io guarisca costui de la pazzia — .
— Per Dio (dicea Rugger) non te la lassso;
Ch’esser convien questa battaglia mia.