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v. l’«orlando furioso» i09

Ma questa moltitudine non è composta di «pecore e zebe», ma d’uomini. L’autore, che collettivamente la disprezza, s’intenerisce decomponendola:

     Religion non giova al sacerdote,
Né la innocenzia al pargoletto giova:
Per sereni occhi o per vermiglie gote
Mercé né donna né donzella trova...
Vi è la moltitudine nel senso cavalleresco e la moltitudine nel senso umano.

Che farà ora Rodomonte? Continuando, oltrepasserebbe i limiti. Questi tratti bastano; fa tali prove che ci ridestano, giunge a tale assurdo da svegliarci e da farci avvertire l’ironia:

Signor, avete a creder che bombarda
Mai non vedeste a Padova si grossa,
Che tanto muro possa far cadere
Quanto fa in una scossa il re d’Algiere.
Il poeta lo riabbandona per occuparsi d’altro.

In una tragedia di Voltaire noi sentiamo Clitennestra, trascinata fuori della scena pe’ capelli dal figliuolo che vuole ucciderla, gridare ed esclamare: «Arrête!». E questo matricidio, lontano dagli spettatori, ha un’azione estetica molto maggiore che se passasse sotto i loro occhi. Rodomonte, che rimanendo in iscena diventerebbe ridicolo, diviene terribile per gli effetti che produce quando li indovinate indirettamente.

Uno scudiero, ansante, mezzo insensato, impressionato, corre a chieder soccorso a Carlomagno; è una delle più belle rappresentazioni dell’Ariosto:

     A lui venne un scudier pallido in volto,
Che potea appena trar del petto il fiato:
— Ahimè! Signor, ahimè! replica molto.
Prima ch’abbia a dir altro incominciato:
Oggi il romano Imperio, oggi è sepolto;
Oggi ha il suo popol Cristo abbandonato:
Il Demonio dal cielo è piovuto oggi,
Perché in questa città più non s’alloggi.