Pagina:De Sanctis, Francesco – La giovinezza e studi hegeliani, 1962 – BEIC 1802792.djvu/51


la crisi 45

occasione d’una lezione privata in casa del signor Femandez, spedizioniere di una casa di commercio. Mi davano trenta carlini al mese, che mi parve un tesoro. Andavo li in gran segreto, per tema che quei trenta carlini non cadessero nelle tasche di zio Pietro. Avevo così in pochi mesi accumulate alcune piastre, che mi tenevo carissime e gelosissime. Era il mio secreto, e non ne dissi verbo ad alcuno, neppure a Giovannino. Ma quello scaltro ragazzotto fiutò la cosa e mi tirò il secreto di bocca, e fissava certi occhietti di avvoltoio sulle mie povere piastre. Un di mi raccontò che aveva parlato con lo Schmückler, e che la cosa era bene avviata, e che fra poco avrei avuto l’impiego. Mi si fece tanto di cuore. Egli mi fe’ intendere, con una vocina insinuante, che gli occorreva un po’ di danaro, e teneva gli occhi bassi, così tra lo scemo e lo sbadato. Io capii in aria, e volli risparmiargli la vergogna del domandare e me gli offrii prontissimo. Egli adunghiò quelle amate piastre con un sorrisetto, promettendo la restituzione fra pochi di, e facendomi balenare sempre innanzi l’impiego. Tutto a un tratto scomparve. Che è? che non è? Nessuno l’ha visto; nessuno sa la sua casa. Ecco un di venire un suo zio, credo un commissario di guerra, che voleva sapere degli studi e della condotta del suo caro Francesco. — Ma se non viene piú! — diss’io. E d’una in altra parola gli sballai tutto. La mia semplicità lo fece prima ridere; poi si adirò contro il nipote, e ch’era un bugiardo, un intrigante, un discolo, e mi promise le piastre, e che avrebbe fatto, avrebbe detto. Ma quelle povere piastre non tornarono più. E così per tema di vederle in mano a zio Pietro finirono tra le unghie di un bricconcello. Non vidi mai più questo scroccone e fu questa la prima truffa che mi fu fatta.

Non potevo levarmi dinanzi quelle piastre lucenti, ch’erano il mio secreto, il mio bene. Peggio è che non potevo sfogarmi con alcuno, stizzoso della burla e pauroso delle beffe. Poi pensai all’impiego. — E perché non andrei io da cotesto signor Schmückler? colui gli ha parlato; il mio nome debb’essere scritto, non sono ora un ignoto — . Mi feci animo. E un di ch’egli teneva udienza, me gli presentai. Gli raccontai tutto. Era un buon