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26 la giovinezza

gemmo alle Croci, che è un piccolo monte, storiato della passione di Cristo, detto perciò anche il Calvario. Alle falde era il cimitero, una camera tutta biancheggiata, entro cui erano addossate le ossa degli antenati. Mi sentii un freddo, e pensai a Genoviefa, e m’inginocchiai innanzi all’inferriata e piansi piansi, e dissi molti Pater e molte Ave.

Verso la sera, fatte molte visite, ci disse zio Pietro che ci voleva far conoscere don Domenico Cicirelli. E ci menò in piazza, e là dove si apre una scalinata di grosse pietre che conduce alla strada di sopra, c’imboccammo in un portoncino, e fummo subito sopra. Trovammo don Domenico nella prima stanza, già non erano che due stanze in tutto. Era quella stanza di un bianco sporco, decorata di ragnatele e di spaccature qua e là. Non so che puzzo mi saliva al naso. Don Domenico stava su di una seggiola di faccia all’uscio, presso alla finestra, con una gran tavola avanti, sparsa di scartafacci e d’inchiostro. Entrando noi, si levò e stese la mano a zio Pietro. Aveva in capo un berretto da notte, era grasso e basso, con la faccia rossa a fondo nero, la fronte piena di rughe, gli occhi cisposi, e le labbra grosse e bavose. Toccava l’ottantina, non portava barba. Appresso a noi entrarono altre persone, si fece folla. Baciammo la mano al grand’uomo di Morra Irpino; lo chiamavano il dottore e il filosofo. Ai tempi suoi egli era stato in Napoli, e vi aveva avuta un’educazione finita. Don Nicola del Buono, don Peppe Manzi, don Domenico Cicirelli e zio Carlo erano i sopracciò innanzi ai morresi. Don Domenico era un libro vivente. Cominciò a narrare la presa della Bastiglia, la morte di Luigi XVI, Marat, Danton, Robespierre, Carlotta Corday, e poi Napoleone. Molte cose aveva lette, molte vedute, a molte aveva assistito. S’era li a sentirlo, a bocca aperta. Ed ecco due contadini portarono parecchi boccali di vino, e si bevve in giro. A noi piccini toccò un bicchiere di rosolio. Don Domenico era molto ricco, ma stretto nello spendere; e fu punito dalla prodigalità dei nipoti, e oggi un suo nipote fa l’usciere e va stracciato, e i figli zappano la terra.

Votati i boccali, e sgombrata la stanza, si rimase in pochi. E don Domenico mi prese per mano e mi domandò cosa avevo