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scienza dell'essere 195

essa, e di salire all’affermazione. La sua affermativa determinazione, quello che esso è veramente in sé, è l’infinito, in cui sparisce.

Determinazione reciproca del finito e dell’infinito.

L’infinito nel suo immediato è essente, e non essere dell’altro: il finito gli sta incontro come reale esistere: cosí permanenti, in qualitativo rapporto l’uno fuori dell’altro. Amendue sono inoltre determinati nel qualitativo reciproco rapporto di altri: amendue qualcosa, amendue altri. L’infinito affetto così dall’opposizione verso il finito, è il Nonfinito — essere nella determinazione della Negazione: rispetto al cerchio della realtà (al finito) il di là, l’indeterminato vuoto. Esso è così il semplice infinito dell’intelletto, che crede appagarsi nella riconciliazione del vero, mentre si trova in irriconciliata contraddizione: due mondi, in cui l’infinito è solo limite del finito (non finito), è così limitato, esso stesso finito. La negazione è l’essere in sé di ciascuno; ciascuno ha il limite in sé; è in quanto non è l’altro, e separato dall’altro. Ma ciascuno rapportantesi su di sé scaccia immediatamente il suo limite, e lo pone come un altro essere fuori di lui; e in quanto ciascuno in se stesso è il porre del suo altro, sono indivisibili: unità però nascosta, intrinseca, ancora in sé. Questa unità si mostra nell’esistere col passaggio dall’uno nell’altro: dall’infinito esce il finito, e questo da quello; ciascuno è un proprio immediato nascere nell’altro. L’infinito è così un perenne dovere, che non si può liberare dal finito, dal quale rimane affetto e limitato: vuota inquietudine dell’infinito progresso, in cui alla penetrazione succede sempre un nuovo limite: un fisso di là irraggiungibile, che ha il finito come un di qua incapace di innalzarsi in esso: dualismo in cui è rimaso Kant e Fichte. Ciascuno perde così la sua qualitativa natura, essendo quello che è in quanto è differente dall’altro. Il finito è infinito, e l’infinito è finito.