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166 la giovinezza

di scuola! — disse lui con dispetto. — La lite è cosa ottima, perché guadagnando hai il cento per cento — . E qui s’incaloriva, e contava le sue cause vinte, e si prometteva grandi guadagni e vicina conclusione. Io non risposi più. Andai ancora un pezzo in quella casa; non volevo si dicesse che per quistione di quattrini la lasciava; ma, non sapendo dissimulare, guardavo brusco e storto don Tommaso che m’era parso un paglietta imbroglione, come dicono a Napoli. Lui ne fece qualche motto in famiglia; la mamma si inalberò e usci in parole grosse; nacque un pettegolezzo, e tutto fini. Io volevo bene alla Caterina, ma non era di quell’amore che ti trascina; e poi in quell’età avevo innanzi tanti belli ideali, e gli occhi erano vaganti e distratti. Il matrimonio era per me una velleità, un verme messomi nel cervello dagli amici; l’anima restava al di fuori, e, per dirla con frase moderna, non era giunto ancora per me il momento psicologico del matrimonio. Ripensandoci ora, veggo che fui ingiusto col povero don Tommaso, ch’era in perfetta buona fede, tagliato così da natura, che viveva sazio e rubicondo tra le liti, e faceva illusione a sé e agli altri.

Intanto la scuola sentiva già gli effetti della nuova atmosfera letteraria che vi era penetrata. Quantunque nelle mie letture entrassero sempre trecentisti e cinquecentisti, e scegliessi con accuratezza quei luoghi che più mi parevano dover dare nel genio e fare effetto; pure quei secoli non solleticavano pili, e la gioventù si gittava con ardore sulla moderna letteratura. Cercavamo ancora qualche vecchio autore, ma di quelli poco soliti a leggersi, e che davano occasione a ricerche interessanti. Così ci fu uno studio sopra gli scrittori politici, e un altro su’ nostri comici e novellieri. Io davo questi temi letterari, perché occasione a letture e ricerche profittevoli. Avendo terminato il mio corso sulla lirica con un’appendice intorno alla satira italiana, segui uno studio animato dei nostri satirici, specie dell’Ariosto, andando su fino ai Sermoni del Gozzi e alle Satire dell’Alfieri: il suo Misogallo fu divorato, molti brani si sapevano a mente. Io poi cercavo sempre qualche lettura nuova, che fosse un solletico alla curiosità. Una sera lessi la lettera che sta