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140 la giovinezza

profondo bisogna ficcar l’occhio. Le armi dell’intelletto sono la sintesi e l’analisi: due forze che, debitamente esercitate, gli danno la guardatura giusta e piena. Cosi armato, l’intelletto prende possesso delle cose, e ne fa il suo pensiero e la sua parola. Divenute proprietà dello spirito, ricevono ivi dall’intelletto, dall’immaginazione, dal sentimento, cioè da tutta l’anima, una seconda vita. C’è la cosa e c’è l’anima, che le dà la sua guardatura, e se la pone dinanzi, e se la rappresenta. Qui è il foco dove prendono luce tutte le regole del ben pensare e del ben dire, la logica e la rettorica. Ma occorre a questo che l’intelletto abbia piena libertà di moto; altrimenti le sue forze giacciono inoperose. La libertà è all’intelletto così necessaria come la serietà. Spesso l’intelletto si crede libero, ed è servo, servo dell’abitudine, della tradizione, dell’autorità, della società. Segno certo della decadenza è la servitù dell’intelletto, la quale gli tarpa le ali, gli annebbia la visione delle cose, lo tiene sulla superficie, uccide ogni serietà. Perché l’intelletto sia libero, è mestieri che abbia l’amore del vero, quell’amore che è padre della fede. Qui è la moralità dello scrittore. Chi non ha fede in qualche cosa, può essere un buon giocoliere nel maneggio della rettorica, non sarà mai uno scrittore. Il liscio nella forma e la superficialità nelle cose sono i due più gravi indizi di decadenza nazionale. In Italia l’espressione più piccante di questa decadenza fu il seicentismo prima, e l’Arcadia poi, e dell’uno e dell’altro rimangono ancora oggi i vestigi anche nei nostri migliori, come io mostrai in parecchi scrittori, anche in Pietro Giordani, tenuto allora principe dell’arte, il cui stile io qualificai accademico. L’originalità è il risultato di quelle due qualità dell’intelletto. Lo spirito ha un suo orizzonte proprio, nel quale colloca le cose divenute sua proprietà, e partecipa a quelle l’impronta sua e del tempo. Questa è l’originalità nelle cose e nelle forme. I grandi ingegni sono come le aquile, hanno la guardatura dall’alto e da lontano. L’umanità, dopo analisi secolari, giunge a questa guardatura aquilina, per ricominciare poi il lento lavorio analitico. La storia dell’umanità si ripete negl’individui, che solo dopo le pazienti analisi salgono alle sintesi serie e reali. La