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reminiscenze 117

non ci pensavo che quando ero al balcone. Tutti i giorni si somigliavano: non si andava innanzi né indietro. Vedevo che la mi faceva di gran gesti; ma non ne capivo nulla. Talora si tirava dentro, e alzava la voce e pestava dei piedi; io guardava intontito: mi pareva una matta. Un sabato, dopo pranzo, che zio Peppe era sortito per non so quale faccenda, mi vedo volare sulla testa un involto di carta. Lo raccatto, lo spiego, ci trovo una letterina profumata, e vi era scritto così: «O mia celeste Emilia, domani a vent’ore sarò a San Martino. Verrai?» Rimasi trasognato. Voltavo e rivoltavo quella carta, e guardavo al balcone, e non c’era nessuno. Credo che la dovesse star da un canto, e farsi le grasse risa della mia dabbenaggine.

Il di appresso zio Peppe era andato a dir messa, e io, fattomi al balcone, vidi lei un po’ indietro, e mi vidi piovere sopra un secondo involto. Lo afferrai per aria, e vi trovai scritta la stessa canzone, e sentivo di là dentro venire una voce che pareva fosse l’eco, e diceva: — Verrai? verrai? — Io presi subito una carta e ci scrissi sopra: «Si»; ma vidi ch’era troppo leggiera e sarebbe cascata giù. Presi un cartone e ve la inviluppai dentro, e con un filo la legai bene, e la lanciai di gran forza, che pareva volessi sfondare il muro. Ella apri con avidità, credendo trovare un letterone, e come vide quel si asciutto, alzò il muso, in aria di disappunto. Io, spaventato della mia temerità, m’ero fatto un po’ indietro.

Quel di mangiai distratto. Zio Peppe scherzava sulla mia distrazione, e m’andava stuzzicando. Ma mi girava pel capo la mia bella del balconcino, e lo lasciavo dire e alzavo un tantino le spalle. Alle frutta mi levo in furia e in fretta, m’infilzo l’abito e mi calco il cappello. — Dove vai? — disse lui, guardandomi sospettoso. Quella sua guardata mi fece salire una fiamma sul sul volto. — Vado, — fec’io; — fra un par d’ore sarò qui. — Bene, t’aspetto. È la prima volta che ti vedo uscire a quest’ora e con questi calori. Bada, non sudare, e fai presto, che vogliamo farci una bella passeggiata al fresco.

Quando fui in istrada, m’incamminai frettoloso, ché mi pareva l’ora tarda, e feci, a quattro a quattro, le scale che me-