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letture e composizioni | 95 |
costruzione temeraria avea dell’affrettato e dell’imperfetto, se molte di quelle cose non attecchivano e non lasciavano orma, certo è che, fatta a quel modo, svegliava e alzava l’ingegno. Quel disprezzo delle apparenze; quel guardare di sotto alle forme; quel pigliare per punto fermo il contenuto, il pensiero, il significato; quei conati dietro all’unità,, cercando il simile e il regolare in quel mare d’irregolarità e di eccezioni; quel continuo esercizio di composizione e scomposizione rinvigoriva gl’intelletti e li predisponeva alla scienza. Se in questa grammatica abbondava la scienza, molto scarsa era la parte dell’applicazione e dell’esempio. Io credeva che una gran parte della grammatica si dovesse studiare in modo pratico, leggenda, scrivendo, parlando. Ridotta la grammatica a generalità scientifica, ciò che propriamente si diceva arte io lo andava mostrando nelle letture, nelle composizioni e nelle conversazioni, con esercizi svariati e ingegnosi.
XVIII
LETTURE E COMPOSIZIONI
Facevo la mia lezione di grammatica alla buona, seduto, senza gesti e senza intonazione oratoria, in modo familiare e didascalico. Il corso durò due buoni anni. Finita la lezione, facevo un po’ di lettura. Caldo ancora di fantasmi grammaticali, cercavo gli esempli e le applicazioni nel libro, ricorrendo spesso alla lavagna, perché mi piaceva di parlare ai sensi, e non ristavo finché la cosa non era chiara a tutti. Avevo molta attitudine alle minuzie; sminuzzavo tutto, e su ciascuna minuzia esercitavo il mio cervello sottile. Quelli che mi sentivano filosofare in grammatica, e tracciare le cose a grandi tratti, non si persuadevano come foss’io quel medesimo così minuto nelle minime particolarità grammaticali. La stessa minuteria era nelle cose della lingua. Dopo di avere analizzato e rovistato in tutti i sensi il fatto grammaticale, mi divertivo con le parole, e con