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quando parla di sé con abbandono. Perciò le sue lettere vanno cosí innanzi al purista e al letterato.

Intanto parve al padre tempo che il figlio dovesse scegliersi una professione. Voleva farlo prete. Anzi dicono che lo chiudesse alcuni mesi in camera come in prigione per vincere la sua resistenza; ciò che mi pare una favoletta. Altri vogliono che vestisse alcuni mesi da abatino romano; e non è improbabile. Il buon padre pensava che con la sua posizione sociale e le sue relazioni in uno Stato che si chiamava pontificio, quell’abito era la via più spiccia per avere un ufficio; e non ragionava male. Vista la ripugnanza, lasciò cadere la cosa, e gli fu attorno, perché studiasse legge.

Ma il giovane non poteva digerire il Digesto, come dicea a Giordani, e stette ben fermo, «se doveva vivere», a volersi consacrare alle lettere.

Se doveva vivere! Perché allora s’era persuaso di dover morire tra breve, e talora, trovando troppo lenta l’opera della natura, volgeva pensieri di suicidio:

Morte chiamai più volte, e lungamente
Mi sedetti colà su la fontana,
Pensoso di cessar dentro quell’acque
La speme e il dolor mio.