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ix. 1817 - nuovi studi 69

affatto indegno di lui, e, volendo cavarne pur qualche cosa per la stampa, lasciò correre quel frammento, come cosa da sé e possibile ad emendare nella forma.

La seconda elegia è roba tutta petrarchesca, e della più cattiva. Non c’è nessuna sincerità in quel frasario tumido, in quelle esagerazioni e amplificazioni, uno stile che vuole essere bollente e riesce freddo. L’amore che è la base di questa elegia, passando attraverso il cervello di uno scolare, irrigidisce in tutta quella simulazione di una vita romorosa.

E questi furono gli esercizii in prosa e in verso del nostro purista.

Non si creda già che sia stato tempo perso. Questi esercizii, questi studi, queste letture, ancoraché mal regolate e con cattivo indirizzo, erano pure fondamenta di granito, sulle quali doveva sorgere la statua. E giá il pedante scompariva sotto un migliore andamento di studi, affinato il gusto dagli anni, dall’ingegno, e anche da’ consigli di Pietro Giordani.

Preferse la semplicità e l’efficacia degli scrittori greci alla magniloquenza latina; e i nostri trecentisti, ancoraché rozzi, gli piacquero come piú vicini alla maniera dei greci.

Predilesse Erodoto e Senofonte, Cavalca e Feo Belcari e Dino Compagni. Anche in questo tempo studiò alcune prose del Tasso e del Bartoli, e l’Apologia di Lorenzino de’ Medici, le migliori prose italiane a giudizio del Giordani, di quel brav’omo che trovava molta vicinanza tra Segneri e Demostene.

Trovò in Dino Compagni quel Pecora, beccaio fiorentino, che gli diè argomento a castigare un tal Manzi. E fe’ di quel Manzi, un manzo, carne da macello, e macellato dal Pecora.

Questa macellazione è in cinque sonetti alla mattaccina, dove, come nella sua Torta, si vede minutamente descritto il fatto con molta proprietà di vocaboli.

Chi paragoni i lavori e gli studi di questo anno, vede già apparire nel suo spirito due correnti: da una parte, l’educazione letteraria ricevuta e la tradizione che lo trascina verso i modelli in modo pedantesco; e d’altra parte, un gusto più educato, un avviamento verso la sincerità e la naturalezza, soprattutto