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iv. 1815 - gl’«idillii» di mosco 29
Stupenda è la figura, manca la meraviglia, che quel fatto straordinario induce. Nell’Amor fuggitivo, Venere dice:
                                         . . . . .chi me l’addita
Sicuro premio avrà, di Cipri un bacio.
Che se trovato alcun mel tragga innanzi,
Non un mio bacio sol, più speri ancora.
Qui c’è un congegno grammaticale e logico, che comunica alla rappresentazione un’aria di solennità. Vedi una regina in trono, anziché una donna appassionata e vezzosa che prometta sé stessa. C’è il fatto; manca la grazia e la voluttà, che si mette in quel bel verso dell’Aminta:
O dolci baci, o cosa altra più cara.
La versione della Batracomiomachia per disinvoltura e arte di verso è inferiore a questa di Mosco.
Pure, in nessuna delle due apparisce ancora una maniera, cioè un certo modo di concepire e di esprimere divenutogli abituale. Non c’è maniera sua e non d’altri, come pur fanno i giovani, che cominciano copiatori e imitatori. Non c’è ancora indizio che il giovine abbia un suo poeta prediletto che gli sia modello, o un concepire proprio poetico. Traducendo, non ha le impressioni che vengano dalla materia, tutto dietro a intendere e fare intendere il testo. C’è l’uomo dotto soddisfatto, non c’è il poeta.
Leggete la sua Batracomiomachia, anche rifatta, e non ci sentirete l’allegria che viene da quella caricatura, né l’ironia che sta nascosta sotto a quella parodia; e una ironia allegra è pur la musa di quel poemetto.
La stessa disposizione prosaica si sente negl’Idillii; pur ci sono qua e là tratti vivaci, massime dove la materia tenue e delicata ha corrispondenza nell’animo giovanile. Reco a esempio la descrizione del sopore nel Ratto d’Europa, che è tra i più vivaci:
                . . . . .il sopor sulle palpebre
Più soave del mel siede, e le membra
Lieve rilassa, ritenendo intanto
In molle laccio avviluppati i lumi.