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mente condannato al male ed al dolore. Quale ne è la causa? Come dalla somma sapienza può nascere l’ignoranza, dalla somma bellezza il brutto, dalla somma bontà il male. Rimane di affermativo un semplice fatto, e tutto il resto è mistero.

«Arcano è tutto, Fuor che il nostro dolor». Con questa base la vita non ha più scopo; tutti gli ideali a cui ella per il passato si è rivolta, sono ombre, illusioni; il sentimento di questo vuoto è la noia. Rimane una negazione universale, il cui sentimento è il dolore e la noia. Ora l’universo così concepito produce una serie nuova d’immagini e di sentimenti, di cui il Leopardi ha trovato il segreto.

Nel Bruto minore spunta il nuovo uomo del Leopardi, e nella Saffo la sua donna.

Nel Bruto sotto la catastrofe dell’uomo ci è inchiusa la catastrofe dell’antica civiltà, la rovina dell’antica Roma. Questo immenso fatto cambia tutte le idee ordinarie che Bruto avea della vita. Giove si trasforma in un tiranno che si compiace di opprimere i giusti; la virtù e tutto ciò che l’uomo onora sulla terra, diviene un vano nome. Fin qui Bruto si rivolta contro delle idee invisibili; ci è il sentimento, ma non ci è il plastico. Ma la poesia, trasformando Giove nella natura, attinge il fenomeno. L’indifferenza del fato è rappresentata sensibilmente nelle leggi meccaniche che governano la natura e che la rendono affatto indipendente dalle sorti umane. Ma l’uomo, zimbello del fato, della natura e della fortuna, s’innalza al di sopra di loro per la libertà infinita dell’anima, per la quale l’uomo si può, togliendosi la vita, affrancare dal giogo. Bruto gitta da sé tutti i conforti ordinarii dei morenti, si mette fuori di Giove e della legge, e rimane nell’orgoglio della sua solitudine.

Nella Saffo lo stesso concetto è modificato secondo il carattere femminile. L’orizzonte di Bruto è larghissimo; quello di Saffo è ristretto nella vita privata. Per Bruto il mistero è la caduta della libertà ed il trionfo della barbarie; per Saffo è il trionfo delle qualità materiali sulle spirituali, della bellezza, potenza, ricchezza, ecc., sulla bontà, la virtù, l’ingegno, ecc.; e, calando nella sua individualità, è propriamente la preminenza