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«la vita solitaria» 291

siderare come contenuto universale quello che è storia particolare; né come infelicità universale quella che è infelicitá di due persone.

                Nascemmo al pianto.
Disse, ambedue; felicità non rise
Al viver nostro; e dilettossi il cielo
De’ nostri affanni.

Eppure, questo è il vero universale, e questa è la vera poesia.

L’universale è la piaga che ha roso la nostra letteratura fin dal suo nascere; è il peccato di origine. In altri popoli troviamo a’ princìpi poemi epici e ballate e romanze, storie particolari, manifestazioni della vita nel suo particolare: presso noi, fin dal principio, dissertazioni e ragionamenti, anche nei migliori, esempio Cino da Pistoia e il Cavalcanti con la sua canzone, che è metafisica in versi, e Beatrice, che spesso è teologhessa, e Laura, che ti muta in sentenze l’affetto. E se questo è de’ momenti più felici della letteratura, figuratevi poi, specialmente a’ tempi del Monti, dove la lirica è ragionamento astratto, e dove solo talvolta incontri la «romanza». Perché l’universale diventi poesia, non basta dargli colore e vesti individuali. La scimmia con aiuti da uomo non cessa di essere scimmia: perciò, quando i poeti italiani prendono l’universale, e credono averlo reso particolare ornandolo con colori ed immagini tolte alla natura o alla storia, non fanno che ornare la scimmia, non cancellano la sostanza astratta che è dentro. E se fate un passo di più, e rappresentate l’universale sotto forma d’individuo, neppure allora esso è poetico. L’individuo non è per sé, ma per l’universale, serve a uno scopo fuori di sé, è un simbolo, una immagine, un mito. Allora solo l’universale è poesia, quando traluce appena, ma nella storia di un individuo libero, che sia rappresentato per sé e nella pienezza delle sue facoltà. L’individuo, il quale debba semplicemente avere quelle condizioni, che possono avere attinenza con l’universale, è individuo cervello, idea, non individuo vivente, ché la vita è affetto, natura, storia; e avrete la vita solo rappresentando un individuo in tutta la pienezza delle sue facoltà.