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II
LEZIONE SU «LA VITA SOLITARIA»
Se, giunti a questo punto, vogliamo volgere lo sguardo un po’ indietro, noteremo innanzi a tutto che, in certi lavori giovanili di Leopardi, abbiamo trovato un leggero indizio di malinconia, e la tendenza alla solitudine, alla vita campestre: lampi di quello, che Leopardi poteva essere un giorno. Giunti alle canzoni, abbiamo visto, anche ne’ momenti di entusiasmo, quella sua tendenza, e finire con un raccoglimento malinconico ciò che era cominciato a suon di tromba e con tanto rumore.
Una volta stavo a Viareggio, durante la guerra tra Francia e Germania. Era l’assedio di Parigi: ebbi innanzi il proclama, che a’ giovani francesi, ardenti del desiderio della rivincita e che mostrarono non temere la morte, rivolse il Trochu. E lessi: «Quanti sono morti e quanti morranno! Non sappiamo che cosa il cielo riserbi alla patria». Io pensai: — Questo generale, che, invece di comunicare ardire a’ giovani, si fa prendere dalla malinconia, se è un uomo dotto, è però un uomo nervoso, malinconico, inetto a trasfondere agli altri il vigore, che non ha in sé — . Lo stesso è di Leopardi; dopo l’entusiasmo, finisce ad un tratto nella malinconia.
Negl’Idillii comincia a mostrarsi l’embrione di un contenuto nuovo. Nel Sogno questo contenuto si presenta pieno ed intero. Pure, il Sogno non è che una storia tutta individuale, mi si può dire, un momento della vita di Leopardi, quando gli si presenta l’amata estinta nel fior degli anni; e non possiamo con-