Pagina:De Sanctis, Francesco – Giacomo Leopardi, 1961 – BEIC 1800379.djvu/291


introduzione al corso leopardiano 285

Questo nuovo ordine fu l’intendimento dell’autore, ed è rimasto inviolabile. E che vi trovate? Per esempio, il Primo amore è collocato al decimo posto: una poesia ch’egli aveva composta nel 1817, di diciannove anni, prima della canzone All’Italia, con cui s’apre il libro. Seguono quattro o cinque poesie, il Passero solitario, l’Infinito, Alla luna, che sappiamo composte prima della canzone Ad Angelo Mai.

Il motivo di quest’ordine logico, a cui lo stesso Leopardi ha voluto sottoporre le sue poesie, è che il concetto unico delle sue opere sarebbe — e quel che dice Ranieri, è quel che pensava Leopardi — «il mistero del dolore». Tutto vien sottoposto a questo concetto. Voleva spiegare cosa è il dolore, e se studiò greci e latini fu per trovarne la spiegazione; e se compose la canzone All’Italia, fu anche per trovare la spiegazione del dolore. Così questo diventa un concetto predeterminato nella mente di Leopardi.

E vedete come lavora fatalmente l’intelligenza! N’esce l’ordine logico. Il dolore si può manifestare nel mondo intellettuale estrinseco, nel mondo intellettuale intrinseco e nel mondo materiale; e Leopardi, sin da principio, ebbe quest’ordine in mente, e prima cantò il dolore nel mondo intellettuale estrinseco, poi nell’intellettuale intrinseco, e poi nel materiale. Alla prima categoria, quindi, appartengono i primi otto canti, che cantano il dolore nel mondo intellettuale estrinseco, la caduta dell’Italia e della libertà. Alla seconda gli altri venti canti, che rappresentano il dolore nel mondo intellettuale intrinseco, la caduta delle illusioni pubbliche e private. Gli altri appartengono alla terza categoria, a quella del mondo materiale, e cantano la necessità, il fato, la morte. Ma questa è costruzione artificiale, concetto generale distribuito in varie parti, e i Canti costretti a servire a quel concetto. È un esempio abbastanza autorevole delle conseguenze della critica «a priori».

Bisogna cominciare con una base di fatto. E intendo per base non la cognizione di alcuni fatti o d’una congerie di fatti, che non mancano a nessuno che si occupi di Leopardi, ma un risultato di fatto, lo stato reale psicologico dell’autore, come