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XXXVII

«SILVIA»

Riacquistata la virtù della rimembranza, il poeta riandava sé stesso, e, indietro indietro, gli veniva innanzi la prima età de’ «dolci affanni» e dei «teneri moti», nella quale nazioni e individui sono felici, perché credono alle illusioni, concetto da lui più volte espresso in verso e in prosa. L’immaginazione, uscita più potente dopo il lungo torpore, gli rifà viva la memoria di quella età. Forse, in quella «Via delle Rimembranze», passeggiando tutto solo, dovea dire a sé stesso: — Ero felice allora! e anche lei! e tutto finì — . Il sentimento che accompagna questa memoria, è malinconia dolce, con quella lacrima, che è refrigerio. Perché, se la felicità è passata, pure è un passato vivace, che egli può riafferrare e godere, in immaginazione, quasi presente. Così vengon fuori de’ versi «all’antica e col cuore di una volta».

Riandando anche noi i suoi versi, eccoci innanzi la Sera del dì di festa. La festa è passata:

    ... ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente.

Il motivo è l’eterno sparire nel breve apparire, la fuga delle cose. E, nel breve apparire, c’è lei, creatura ingenua, che è stata alla festa:

    ... e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te.