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più suono, credendo egli così poco alla felicità dei popoli come a quella degl’individui.

La guerra greca, la Rivoluzione francese, i moti italici, i tedeschi nello Stato papale, sono cose quasi a lui indifferenti.

Essendo così scarsa comunione intellettuale tra lui e i suoi amici, si potea credere che non gli fosse molto cara quella compagnia. Pure lì era il suo conforto. Tornato di Pisa in Firenze, vi si sentiva «come in un deserto», quando gli mancava Vieusseux e la sua compagnia; l’amicizia copriva qualsiasi difformità di sentimenti. Già non potea dissimulare a sé stesso quanto di nobile era in quelle loro aspirazioni. Poi, per indole era tollerantissimo e dolcissimo; nelle conversazioni non aveva né pretensioni, né ostinazioni, e non puntigli e non dispetti, com’era del Tommaseo; s’accomodava col silenzio alle opinioni altrui, nemico di dispute e di brighe, e inetto a far proseliti, a far valere i suoi concetti. I sentimenti del Manzoni stavano a gran distanza dai suoi; pur sempre lo nomina con lode. Scrive al padre sempre misurato e accorto, e talora con linguaggio e sentire paterno, per non dispiacergli. Il padre trova ne’ dialoghi del figlio troppo abuso di miti e di forme velate; e il figlio risponde debolmente a difesa, quasi assentendo. Lo Stella gli comunica le critiche milanesi de’ suoi dialoghi, e lui risponde pacato:

Non mi riesce impreveduto. Che i miei princìpi sieno negativi, io non me ne avveggo; ma ciò non mi farebbe gran meraviglia, perché mi ricordo di quel detto di Bayle, che in religione e in morale la ragione non può edificare, ma solo distruggere.

Così non venne mai meno l’amicizia tra quei nobili intelletti, dei quali alcuni volevano la fede riconciliata con la ragione, altri predicavano la ragione creatrice e madre del progresso, e guardavano con affettuosa sollecitudine al povero Leopardi, che affermava la negazione e il mistero universale. Dissentendo, s’amavano e si stimavano. Singolare fu l’amicizia verso di lui di due illustri medici, il Tommasini ed il Puccinotti, che dovevano ben ridere di quel mondo teologico-metafisico, che era il pensiero massonico e filosofico del secolo, e credevano più alla forza della