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256 | giacomo leopardi |
Ha pianto, ha mirato, ha palpitato. Ora ci riflette sopra. La mente rimane sovrana, e distribuisce con ordine e con chiarezza tutte le parti, con orditura semplice, con moto diritto e soave, senza indugio e senza fretta. Non c’è immagine e non impressione così viva che lo svii e gli rompa il filo del pensiero.
Le rimembranze non s’affollano, e non s’incalzano, ma si svolgono l’una dall’altra, come onde di mare. Diresti che riviva la sua vita nella sua naturale successione. I dolci affanni della prima età, e quando mancarono, il dolore della mancanza, e quando mancò il dolore, una tristezza ch’era ancora dolore, e infine il sopore, abbandonata ogni resistenza:
Quasi perduto e morto |
questi varii stati della vita gli tornano innanzi l’uno appresso all’altro, l’uno uscito dall’altro. Si può credere che ci sia un po’ di sottigliezza in quel dolore che manca, e nel pianto del dolore mancato, che è una tristezza, la quale è ancora dolore. Ma chi ha studiato bene tutte le diverse stazioni del suo martirio, vedrà che Leopardi è qui non meno acuto che vero esploratore del suo passato. La finezza e profondità dell’osservazione ti costringe a pensare per coglier bene così delicate gradazioni tra dolore, tristezza e sopore e, pensando, gusti il piacere intellettuale di scoprirle vere. Tu senti, e acquisti insieme un abito riflessivo che ti dispone a spiegare quello che senti. E tale appunto è il carattere di questa poesia.
Or che gli sta tutto il passato innanzi, l’uomo nuovo ricorda quale gli appariva il mondo allora, e lo rifà co’ più brillanti colori di una fantasia ridesta. Quella natura, che non valse a trarlo dal duro sopore, era pure così bella: il canto della rondine, la squilla vespertina, il fuggitivo sole, una candida ignuda mano; e ora la rivede con sentimento nuovo, e l’accompagna co’ più cari vezzi dell’immaginazione. Questa rappresentazione vivace dà rilievo a quello stato d’insensibilità ch’egli caratterizza in pochi indimenticabili tratti, con una chiarezza uguale alla finezza. Certi contrasti e certi epiteti, come l’età decrepita e l’aprile degli