Pagina:De Sanctis, Francesco – Giacomo Leopardi, 1961 – BEIC 1800379.djvu/256

XXXIV

A PISA

Scrive alla Paolina:

Sono rimasto incantato di Pisa per il clima: se dura così, sarà una beatitudine... Qui ho trovato tanto caldo, che ho dovuto gettare il ferraiuolo e alleggerirmi di panni..... Lung’Arno è uno spettacolo così bello, così ampio, così magnifico, così gaio, così ridente che innamora..... vi si passeggia poi nell’inverno con gran piacere, perché v’è quasi sempre un’aria di primavera; vi brilla un sole bellissimo tra le dorature dei caffè, delle botteghe piene di galanterie, e nelle invetriate dei palazzi e delle case, tutte di bella architettura..... un misto di città grande e di città piccola, di cittadino e di villereccio, un misto così romantico che non ho mai veduto altrettanto. A tutte le altre bellezze si aggiunge la bella lingua. E poi vi si aggiunge che io, grazie a Dio, sto bene, che mangio con appetito, che ho una camera a ponente, che guarda sopra un orto, con una grande apertura tanto che si arriva a veder l’orizzonte.

Queste impressioni ripete, ora l’una, ora l’altra, e quasi con le stesse parole, agli amici. Pisa è «un paradiso», il clima è «divino». Il padre lo esortava a tornare in Recanati. Egli negava, descrivendo la sua vita in Pisa.

Qui non v’è mai vento, mai nebbia; v’è sempre ombra, e se si hanno giornate piovose, è ben difficile che non trovi un intervallo di tempo da poter passeggiare. Infatti, dacché sono in Pisa, non è passato giorno che io non abbia passeggiato per due in tre ore: cosa per me necessarissima, e la cui mancanza è la mia morte;