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xxxiii. a firenze | 245 |
ma la tristezza non era il suo stato normale in quel soggiorno di Recanati. E si vede anche dallo stile sciolto e ricordevole, se non affettuoso, ch’è nelle sue lettere.
Di una qualche importanza sono le due ultime lettere che troviamo di lui scritte in Recanati. L’una è del 18 aprile, alla sua cara Antonietta Tommasini, in risposta ad una «graziosa» ed «elegante» lettera, occasionata dal suo «piccolo» articolo stampato nel Ricoglitore. L’articolo non era altro che il suo Discorso in confutazione del Giordani, premesso al suo volgarizzamento dal greco di una orazione di Gemisto Pletone.
In quel discorso Leopardi stima non inglorioso e non inutile il volgarizzare, contro la sentenza di Pietro Giordani; loda Pletone, come vicinissimo agli antichi greci per bontà di lingua; e piglia occasione a magnificare la nazione greca, la quale
per ispazio dintorno a ventiquattro secoli, senza alcuno intervallo, fu nella civiltà e nelle lettere, il più del tempo, sovrana e senza pari al mondo, non mai superata: conquistando, propagò l’una e le altre nell’Asia e nell’Africa; conquistata, le comunicò agli altri popoli dell’Europa... All’ultimo, già vicina a sottentrare a un giogo barbaro, e perdere il nome, e, per dir così, la vita, parve che a modo di una fiamma, spegnendosi, gittasse una maggior luce: produsse ingegni nobilissimi, degni di molto migliori tempi; e caduta, fuggendo molti di essi a diverse parti un’altra volta fu all’Europa, e però al mondo, maestra di civiltà e di lettere.
In questo tempo la Grecia faceva sforzi grandi per rivendicarsi a nazione, accompagnati dalla simpatia dell’Europa civile. Un lampo di questa simpatia splende nel magnifico elogio, che Leopardi intuona alla Grecia a proposito di Gemisto Pletone, lui alieno da distrazioni e da digressioni. Pure, si astiene da qualunque accenno alla immane lotta. E questo par freddezza all’entusiastica Antonietta, e gli grida che i greci sono nostri fratelli. Leopardi risponde:
Ancor io riguardo i poveri greci come nostri fratelli; e se più si fosse potuto dire in loro favore, lo avrei detto certamente in quell’articolo: nondimeno, considerata la impossibilità in cui siamo di parlare liberamente, mi pare di averne detto abbastanza.