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iii. 1815 - «sugli errori popolari degli antichi» 17

processione di autori, diversi di valore e di autorità, e messi alla rinfusa l’uno accanto all’altro. La biblioteca a poco a poco gli esce tutta di sotto la penna. In tutta questa erudizione non ci vedo ancora discernimento o profondità, e non «un esprit ferme», e non opera virile, dove non apparisce ancora personalità e originalità, e ci vedo solo quello che ci ha visto De Sinner: «admirandae lectionis et eruditionis opus». Non ci è qui dentro interesse morale, o filosofico o artistico. È una materia trattata con i materiali che aveva, e da que’ materiali esce non altro che un’opera meravigliosa di erudizione.

Il Saggio è scritto nell’italiano corrente di quel tempo, prima che sorgesse il purismo. Vi troviamo «rimarco» con tutti i suoi figli e nipoti, il «piano» o l’«idea» di un’opera, e la meditazione «toccante», e il «trasporto» d’amore, vocaboli, modi e costrutti, e gallicismi con molta volgarità e con poca proprietà. Manca spesso la connessione grammaticale com’è nel francese, e manca talora anche la connessione logica, con un prima e un poi arbitrario, come viene in mente.

Manca all’espressione semplicità e schiettezza, anzi, a ostentazione di sentimenti fittizii, ha pure talora un lusso di vecchie metafore. Valga a esempio la conchiusione. Vuol dire che la religione caccia l’errore e apre la via del vero alla ragione. E non lo dice già in questo modo semplice. Vuol mostrarsi appassionato, e ti fa un’apostrofe alla religione e conchiude così:

Tu hai fulminato l’errore, tu hai assicurata alla ragione e alla veritá una sede che non perderanno giammai. Tu vivrai sempre, e l’errore non vivrà mai teco. Quando esso ci assalirà, quando coprendoci gli occhi con una mano tenebrosa minaccerà di sprofondarci negli abissi oscuri che l’ignoranza spalanca avanti ai nostri piedi, noi ci volgeremo a te, e troveremo la verità sotto il tuo manto. L’errore fuggirà come il lupo della montagna inseguito dal pastore, e la tua mano ci condurrà alla salvezza.

Sono metafore, paragoni, frasi trovate belle e fatte nell’uso corrente, volgari e insieme grottesche.

2 — De Sanctis, Leopardi.