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xxviii. i «dialoghi» | 223 |
e di grecista; è anche un suo fenomeno psicologico, che v’imprime la sua personalità. Questa duplicità è anche nella sua poesia. Se non che ivi è propriamente scissura interna tra il vero e l’illusione, chiarita tale dall’intelletto, pur desiderata, goduta, lamentata. Dove nella prosa l’intelletto regna solo, cacciate dall’anima tutte le illusioni, e afferma la sua vittoria con un cotal risolino a spese del volgo, ch’esso incalza e deride dall’alto della sua superiorità.
Ma questa lotta di un intelletto superiore contro il comune degli uomini non vien fuori con la semplicità di uomo trascinato dalla sua anima, che si crei egli medesimo il suo pensiero e la sua arte. Non dobbiamo dimenticare che Leopardi s’è formato su’ classici, e che nella sua opera si vede l’influsso di certi modelli e di certi fini preconcetti.
Censurava egli nella prosa italiana non solo quella sua tendenza oratoria, non pura di una certa ricercatezza che si chiamava eleganza, ma ancora un’aridità e superficialità di esposizione, troppe frasche e fiori, sicché pareva che gl’italiani lavorassero più con la memoria che coll’intelletto. Queste sono opinioni più volte espresse nelle sue lettere. Ora egli voleva con questa nuova prosa instaurare non solo la serietà del pensiero, ma anche la facoltà inventiva, così scarsa negli scrittori.
Indi è che il suo concetto par fuori in una esposizione dottrinale vigorosa e acuta, sicché non sai quale ti desti più interesse, o il concetto o il ragionamento. Ma, oltre alle qualità logiche, cerca egli nella prosa anche gli effetti dell’arte. Al che giunge mediante posizioni fantastiche, che tengano desta l’immaginazione e la curiosità intorno al ragionamento, accompagnato da una forma nuda e semplice, che pare non abbia altra ambizione che mettere in evidenza il pensiero e annullarsi dietro a quello.
L’immaginazione è esclusa da questa prosa, come forza dello spirito, generatrice d’illusioni, e contraria al vero. Ma ci sta in forma di mito o di favola, come un velo di sotto al quale traspaia il pensiero, o come una base fantastica da cui scaturisca il ragionamento. Di questi miti e invenzioni lo scrittore