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xxiv. filosofia di leopardi 199


Tutto questo potrebbe apparire una rettorica di occasione, suggerita dalla scoperta del Mai. Ma questa rettorica sarebbe in aperta contraddizione con l’argomento, perché cancella tutte le speranze di risurrezione italica, che quella scoperta potea far sorgere nel core del patriota. No, non è rettorica, è l’eco dolorosa d’impressioni e di sentimenti, che già prendevano nella mente del poeta forma di dottrina.

Continuando negli studi filosofici, non cercò il vero con imparziale curiosità, come scrive a Giordani, ma cercò sostegni di erudizione e di ragionamenti alla sua dottrina, divenuta la sua idea fissa. E perciò la sua filosofia non ha un colore di questo o di quel sistema filosofico, ma un color suo proprio e personale. Trovi nelle diverse sue parti reminiscenze stoiche, platoniche, sensiste, una erudizione varia, soprattutto classica. Ma il tutto è pensiero originale, e per la inesorabilità delle conclusioni e per la sua compenetrazione in tutte le forze della vita.

L’infelicità sua propria, in età così giovane, lo condusse di buon’ora alla meditazione sul male e sul dolore: problema agitato molto e poco ancora risolto, non sapendosi spiegare resistenza del male nella vita.

Questo, che potrebbe parere un problema secondario, è per lui tutta la filosofia, come quello che implica in sé lo scopo e il significato della vita. Le religioni e le filosofie non hanno altra origine e non altra base che darci una spiegazione del mondo, e determinare secondo quella la nostra condotta morale. Cercare questa spiegazione non fu per Leopardi mera curiosità, anzi lo vediamo alienissimo da speculazioni astratte e metafisiche. Non è che lui non abbia pure la sua metafisica; ma è un semplice presupposto della sua filosofia, la quale è indirizzata principalmente alla vita pratica. Perciò egli è più un moralista che un metafisico.

Del resto la sua metafisica è compendiata in una sola frase: «Arcano è tutto». Cosa è il mondo e a che nato e come: mistero. Rigetta tutte le spiegazioni religiose e filosofiche. Il «nihil scire» è il suo sapere. Ciò che dà al suo filosofare un carattere scettico, leggermente ironico.