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172 | giacomo leopardi |
ment et d’émotion profonde. Mais comment faire que ce sentiment soit durable, ou qu’ il se renouvelle souvent dans la vie? Oú trouver un coeur qui lui réponde?
Il poeta ha rinunziato all’amore reale e profondo, in cui fa consistere la suprema felicità, e si contenta di un amore ideale e contemplativo; se ne contenta, con un certo disdegno del reale, un disdegno apparente, sotto cui si cela un inconsolato desiderio di quello.
Ciò è che rende malinconica la sua felicità contemplativa, accompagnata da inevitabili ritorni sui primi anni, dalla sua poca durata, da emozioni dolorose; vorrebbe ingannare sé stesso, chiudersi nella sua immaginazione, dov’è «le seul bonheur positif doni l’homme soit capable».
Ma questo «bonheur» non gli basta, quando pure durasse. S’illude, non scruta profondamente il suo male, di cui appare qua e lá l’espressione senza sua coscienza. Acutissimo osservatore del proprio petto, questo gli sfugge ed è la sua parte inconsciente: è cosa che nessuno vorrebbe confessare a sé stesso, dissimulata nei sofismi dell’intelletto, che si presta sempre al giuoco. Or questa parte incosciente è dessa appunto la Musa della poesia leopardiana, e ce lo rende sincero e commovente. La Donna reale del Sogno non è più. Succede la Donna ideale, la Donna della sua immaginazione. All’elegia succede l’inno; e perché il godimento non è intero, l’inno esce mescolato di motivi elegiaci.
Le canzoni a Paolina e al Vincitore nel pallone, a Bruto e a Saffo, alla Primavera e ai Patriarchi, e questa Alla sua donna, sono le sette poesie che egli chiamò le «nuove» canzoni. Le prime sei sono un campo chiuso, non hanno ulteriori esplicazioni. L’ultima è una prima formazione della Donna, è l’aurora di nuove poesie.