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164 | giacomo leopardi |
tica della natura, com’era nei tempi giovani dell’umanità, secondo le favole antiche. Il concetto era stato già espresso nella canzone al Mai. Ora è ripigliato e sviluppato, forma anzi il vero contenuto di questa canzone. Tema vecchio della poesia contemporanea, questo lamento della morte delle antiche divinità. Vincenzo Monti se la pigliava coi romantici, come se fossero dessi che avessero abbattuto l’Olimpo. A lui parea che senza mitologia non ci fosse poesia possibile, come se la sostanza della poesia fosse in quelle forme morte, divenute convenzionali. Più dirittamente Leopardi accusa la scienza, vera e sola omicida delle vecchie favole. Monti avea torto, e Leopardi non ha ragione.
La poesia non ha bisogno di nessuna mitologia per esser viva, e la natura continua ad esser viva senza Apollo e senza Diana. I fiori e l’erbe e i boschi non vissero solamente un dì; vivono sempre nel nostro cuore e nella nostra immaginazione. E se talora paiono morti, è una nostra illusione. Ciò che è morto, non è in loro, ma è al di dentro di noi, quando il sentimento diviene ottuso, e non sentiamo più la natura vivente. Quando il poeta scriveva alla graziosa luna, la luna era a lui ben viva, ancorché fosse morta la casta Diana. Certo, l’umanità nella sua giovinezza aveva messo nella natura quella vita che è in noi, e l’aveva animata e umanizzata, popolando di esseri cieli e mari e inferni. Ora che l’umanità è adulta, tutti quegli esseri, figli dell’immaginazione giovanile, sono scomparsi: e non è però la natura men bella e meno interessante. Deplorare dunque la morte di quelle forme, come se ivi fosse la vita della natura e la sostanza della poesia, e pigliarsela con la scienza, non è cosa ragionevole.
Ma la poesia non è filosofia, e la verità poetica è altra cosa che la verità filosofica. La verità poetica è ciò che è creduto vero dal poeta e produce sul suo animo effetti estetici. Leopardi vede nella caduta dell’Olimpo la morte di tutte le illusioni, la fine della giovinezza, il nulla delle umane cose. E questo è assai più che non si richiede per rendere interessante questa poesia. E in verità, se il poeta avesse qui il sentimento vivo e le impressioni profonde, e se l’immaginazione svegliatasi per davvero lo trasferisse tutto in quella vita antica e gliela animasse e gliela co-